TITOLO: Il Gattopardo
AUTORE: Giuseppe Tomasi di Lampedusa
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2006 (prima ed. 1958)
CASA ED.: Feltrinelli
"Il sole [...] si rivelava come l'autentico sovrano della Sicilia: il sole violento e sfacciato, il sole narcotizzante anche, che annullava le volontà singole e manteneva ogni cosa in una immobilità servile, cullata in sogni violenti, in violenze che partecipavano dell'arbitrarietà dei sogni."
Cinquantesimo libro di questo 2016 e non poteva esserci libro migliore per arrivare al traguardo.
Un romanzo breve che però riesce a condensare in poche pagine un lungo lasso di tempo (dal 1860 si scivola fino al 1910) e a racchiudere tutto il sentimento e le sensazioni di un'epoca.
Le vicende dell'ultimo dei Salina, il Principe Fabrizio, l'ultimo Gattopardo rappresentante di quella dinastia borbonica che sta vivendo gli ultimi singulti del proprio dominio, diventa il mezzo attraverso cui raccontare il passaggio dell'Italia da mera espressione geografica, come ebbe a definirla Metternich, a Stato unificato. Al suo centro vi è ovviamente un'aristocrazia ormai in declino che ha visto le sue ricchezze volar via come rondini che sono andate a posarsi tra i rami novelli di una nascente borghesia, volgare forse ma pronta a trarre ogni vantaggio dalle occasioni che le si presenteranno. La nobiltà è invece preoccupata che il cambiamento in atto possa portare ad una disastrosa perdita di potere e privilegi ma come nota l'astuto Tancredi, nipote del protagonista, per far sì che tutto rimanga com'è bisogna che tutto cambi: è così nel romanzo, è (purtroppo) anche così nella storia della nazione, almeno per chi avrà la voglia e la forza di far buon viso a cattivo gioco, con una certa dose si spensieratezza come il giovane Tancredi ma non l'ormai anziano e stanco Principe Fabrizio.
La Sicilia, nel romanzo perennemente battuta da un sole che tutto brucia e che tutto nasconde, si fa specchio di un'intero paese e di un intero periodo storico... certo anche i Siciliani non sono esenti da colpe e si mostrano troppo spesso indolenti e incapaci di volere o quantomeno accettare un vero e proprio cambiamento perché infondo tutto va già bene così com'è, anche se ciò, più che a una verità, corrisponde alla favola bella che gli isolani amano tanto raccontarsi, ma questo, e qui concordo con l'autore Tomasi di Lampedusa, possiamo dircelo con onesta brutalità solo fra di noi, con quell'alterigia che solo gli dèi sanno mostrare.
"They are coming to teach us good manners but won't succeed, because we are gods."
Dunque in una nazione, l'Italia, che sta iniziando a muovere i suoi primi passi, quello che si respira in Sicilia non è il vento benefico e purificatore di un rinnovamento ma un sordido scirocco che tutto ammanta di malinconia, di rimpianti e tutto si ricopre di polvere, di decadenza, persino il giovane amore tra Tancredi e Angelica si riveste presto di una patina di disfacimento, nell'eterno legame tra amore e morte. Non è un caso che la lente attraverso cui osserviamo le vicende narrate sia quello del Principe Fabrizio che si aggrappa, da bravo leopardo, con le unghia e con i denti ad un sentire che non è più quello dei suoi tempi, che avverte costantemente l'inquietante ticchettio del tempo che passa e fugge via anche nei momenti più lieti.
Unico conforto per il Gattopardo è rimirare le stelle, unico punto fisso in un universo in completa disgregazione: che cambia esternamente, che rimane lo stesso nei suoi meccanismi interni, che si confonde e si perde in un giro di valzer, mentre gli uomini, di valore o meno, nobili e plebei, continueranno a credersi il sale della terra.
"Noi fummo i Gattopardi i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra."
recensione inizialmente pubblicata su Goodreads il 15-12-2016.
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