TITOLO ORIGINALE: Julian
AUTORE: Gore Vidal
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 26 gennaio 2017 (prima ed. 1964)
CASA ED.: Fazi Editore
Quando veniamo al mondo, ci tocca un posto nel tempo, proprio come ci toccano due occhi: e che siano deboli, forti, limpidi, o miopi, non ci è dato sceglierlo. Ebbene, questa è davvero un'epoca miope e strabica. Per fortuna, quando la maggioranza vede storto, nessuno ci fa più caso - anzi, è la visione perfetta ad essere giudicata anormale.
La copertina della nuova edizione Fazi. |
Quella di Giuliano è una figura quasi marginale, che difficilmente si può sentire nominare se viene chiesto di elencare i nomi di alcuni imperatori romani, il pensiero infatti corre soprattutto alle figure ben più note di Augusto, Nerone, Adriano o Marco Aurelio. La sua figura però si colloca in un momento particolare della storia romana ovvero in quel periodo in cui il Cristianesimo stava per finire di consolidare la sua egemonia e il suo potere, non sorprende dunque che quando l'imperatore decise di restaurare il culto degli dei e arginare così la marea cristiana che andava montando, nella speranza di vedere rifiorire l'età dell'oro dell'impero romano, si sia guadagnato a causa di ciò l'appellativo di "apostata", ovvero rinnegatore del proprio credo. Evidentemente la figura rivoluzionaria ma anche profondamente tragica di Giuliano deve aver ispirato una certa curiosità anche in Gore Vidal, che nel 1964, dopo anni di ricerche e duro lavoro, dà alle stampe il suo romanzo sulla vita di questo imperatore. Che il libro abbia richiesto una mole di lavoro non indifferente è d'obbligo puntualizzarlo, dato che lo stesso autore nell'introduzione prima e nella nota dopo, tiene molto a spiegare che sebbene siamo in presenza di un romanzo, di un testo narrativo che non si esime dall'adattare la realtà storica alla finzione romanzesca, tuttavia un ampio lavoro di ricerca delle fonti è stato svolto minuziosamente:, sono state infatti vagliate sia le opere scritte dallo stesso Giuliano ma anche i resoconti di Ammiano Marcellino, le orazioni di Libanio e di Gregorio di Nazianzio, fino ad arrivare alle analisi storiche relativamente più recenti di Edward Gibbon. Il corredo storico quindi è di tutto rispetto, ma Vidal non si accontenta e decide di rendere più autorevole la narrazione stessa utilizzando come personaggi due intellettuali dell'epoca in cui visse l'imperatore, infatti il romanzo si apre con uno scambio epistolare tra il già citato Libanio, che vorrebbe pubblicare una biografia di Giuliano ormai defunto da sedici anni, e Prisco, personaggio molto vicino all'imperatore e che ha dunque vissuto in prima persona molti degli avvenimenti narrati, inoltre è in possesso del carteggio personale di Giuliano che si compone di una raccolta delle res gestae dell'imperatore dettate a un segretario e un diario personale scritto invece di proprio pugno da Giuliano.
Gore Vidal |
Busto dell'imperatore Giuliano. |
Anzi con i seguaci più tenaci del Cristianesimo, Giuliano sembra condividere molto, anche lui infatti si dimostra duro e spietato pur di riportare in vita gli dei ormai decaduti. A volte, come riconosce lo stesso Prisco, la volontà ferrea di Giuliano si traduce in cecità e in ingenuità, se persino Roma non è stata costruita in un giorno, di certo è quasi impossibile pensare di cambiare lo status quo con una rapida inversione, come se nulla fosse cambiato dai tempi di Romolo. Eppure è impossibile non sentire affetto per la figura di Giuliano, il merito va certamente anche a Gore Vidal che ha saputo esaltare il fatto storico e creare un personaggio sfaccettato, in cui luce e ombra si mescolano in un sapiente chiaroscuro, Giuliano infatti non è perfetto, sbaglia, si affretta, si fida di chi non dovrebbe fidarsi e a volte appare chiuso e bigotto tanto quanto i "galilei" che vuole sconfiggere, tuttavia la sua figura ispira anche rispetto, quello che ispirano tutte le figure di sognatori che si prefiggono un obiettivo, anche se questo appare irrealizzabile. Perché la parabola della vita di Giuliano è proprio questa: un individuo che nonostante le difficoltà accetta il fardello e tenta di fare ciò che ritiene giusto, nonostante tutti i pericoli che si dovranno affrontare, Giuliano accetta il cimento e lotta fino alla tragica morte avvenuta durante la campagna di Persia, che risulterà fallimentare, l'ultimo imperatore pagano muore e con lui anche il sogno, e qui un altro paragone con la cultura greca destinato a rimanere incompiuto, di proporsi al mondo come il nuovo Alessandro Magno, come un nuovo conquistatore destinato a compiere grandi imprese poiché protetto e benvoluto dagli dei, ma "times are a-changin'" canterà qualcuno moltissimi secoli più tardi, il tempo degli eroi è tramontato e gli dei sono caduti.
Ma Giuliano sembra anche assurgere a simbolo dell'intero impero romano che va sempre più polarizzandosi verso i suoi estremi, occidente e oriente mostrano caratteri peculiari e profonde diversità, lo stesso imperatore ribadisce più volte di sentirsi più greco che romano e ciò è testimoniato anche dal suo amore e rispetto per l'ellenismo e il suo regno paradossalmente è più affine a quello della vicina Persia che a Roma. Sintomatico di questo decentramento del peso politico è il fatto che Giuliano, ma anche altri prima e dopo di lui, non vedrà mai Roma, nominalmente ancora capitale e centro nevralgico dell'impero, della pars occidentalis visiterà solo la Gallia, a testimonianza che gli equilibri sono ormai mutati, che sono le periferie dell'impero quelle capaci di apportare sostanziali mutamenti, di nominare o far decadere gli imperatori, con Costantinopoli che ormai è divenuta il centro nevralgico di tutte le operazioni, sia politiche che militari.
Moneta dell'epoca di Giuliano l'Apostata. |
Ma il romanzo non è solo descrizione della vita e delle idee dell'imperatore, ma in un certo qual modo sostiene un'originale critica storica del pensiero cristiano. Oggi siamo abituati a considerare il Cristianesimo come un blocco ben definito di dottrine e dogmi, ma non è stato sempre così, anzi le dispute interne e le accuse di eresia erano praticamente all'ordine del giorno durante il IV secolo d.C. e il romanzo non manca di sottolineare come a decidere questioni di dottrina ci fossero alla fin fine dei semplici esseri umani con i loro pregi e difetti e con le loro brame di potere. È un Cristianesimo ancora acerbo e per certi versi molto brutale quello descritto da Vidal e nel confronto con il decadente sistema religioso tradizionale romano appare evidente come in realtà le distanze tra i due poli non fossero poi così evidenti, anzi il Cristianesimo ha come divorato e inglobato molte delle idee e delle tradizioni pagane, basti pensare al Natale che corrisponde alle festività legate al solstizio d'inverno e al Sol Invictus, al concetto di rinascita pagano viene sovrapposto quello cristiano. Anche in materia religiosa dunque sembra valere quel principio della fisica secondo cui nulla si crea o si distrugge ma tutto si trasforma. Ma probabilmente, almeno secondo la visione di Vidal, ciò che è sorto dall'espansione e affermazione del Cristianesimo è un mondo popolato da persone che non sanno che farsene della vita, un culto di morte e mortificazione del corpo e dello spirito che nulla ha più della vivacità religiosa pagana, e il cui unico Dio risulta distante, perfetto, a volte anche crudele e del tutto diverso dagli dei da sempre rappresentati come portatori degli stessi vizi e delle stesse virtù degli esseri umani, non perfetti e forse per questo sentiti più vicini.
Se una critica può essere mossa a questo libro è che a volte le scelte lessicali non risultano del tutto appropriate, sia nella sua versione originale inglese che nelle scelte di traduzione, per ben due volte si trova la parola "snob", facendo una rapida ricerca etimologica si scopre che il termine è entrato nell'uso della lingua inglese solo nella seconda metà dell'800, ma poco male, sarebbe impossibile voler scrivere un romanzo storico utilizzando la lingua parlata nel periodo di cui si sta narrando (anche perché in questo caso probabilmente il romanzo avrebbe dovuto essere scritto in latino!) ma se "snob" risulta una parola comune in inglese, così non può dirsi in italiano dove salta subito all'occhio il suo status di "anglismo", probabilmente una scelta stilistica diversa al momento della traduzione sarebbe stata consigliabile. Lo stesso può dirsi del termine "poseur", forse Gore Vidal avrebbe potuto trovare un termine meno spiazzante.
Danza Pirrica - L. Alma-Tadema, 1869. |
Ad ogni modo la potenza del romanzo sta nel collocarsi in un momento di rottura e mostrare come l'essere umano si pone davanti ai grandi cambiamenti: c'è chi si lascia trasportare, perché se ne convince o per mero calcolo opportunistico, ma c'è anche chi si oppone, anche qui il confine tra anacronismo e lotta per un ideale si fa labile e sfumato. Rimane comunque chi ha saputo prendere una posizione e mantenerla nonostante i venti del cambiamento soffiassero impetuosi, Giuliano ne è rimasto sopraffatto ma la sua lezione rimane comunque fissata nella storia.
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