giovedì 8 ottobre 2015

Let's talk about books: QUANDO PENSO CHE BEETHOVEN È MORTO MENTRE TANTI CRETINI ANCORA VIVONO...

TITOLO: Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono...
TITOLO ORIGINALE: Quand je pense que Beethoven est mort alors que tant de crétins vivent
AUTORE: Eric-Emmanuel Schmitt
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 21 settembre 2011 (p.e. 2010)
CASA ED.: e/o edizioni
"Le peripezie, gli appuntamenti, i decenni che scorrono, le riflessioni, la musica... ogni elemento possiede un ritmo proprio. La verità ignora il tempo. Un incontro si rivela "decisivo" anni dopo. Una prima volta acquista il carattere di "prima volta" solo dopo aver provocato un cambiamento, magari solo alla centesima... Le nostre esistenze saranno pure cronologiche, ma la vita della nostra mente non lo è di certo."
Ho almeno una trentina di libri che mi guardano minacciosi, un kindle che straripa di romanzi non letti. E allora faccio liste, determino priorità, decido di smettere di leggere più libri alla volta e soprattutto di non aggiungere altri titoli alla già infinita categoria dei "non letti" e come ogni volta... il piano è miseramente destinato a fallire! Perché un libro se decide che deve essere letto trova il modo di attirare la tua attenzione, ti si piazza davanti e non schioda fino a quando non ti arrendi e cedi alle sue insistenti lusinghe, alle sue minacce quasi. Il libro di cui mi accingo a parlare ha poi voluto giocare sporco, prima incuriosendo una cara amica che stuzzicata dal titolo particolarmente simpatico ha pensato bene di portarlo alla mia attenzione e poi facendo attivare le mie celluline grigie, come amava dire Hercule Poirot, che hanno iniziato a vorticare impazzite per poi porre la fatidica domanda: "ma questo autore non lo conosco già?" Una breve ricerca su internet ha chiarito ogni dubbio: Eric-Emmanuel Schmitt è l'autore de Il Visitatore, bellissima pièce teatrale che ho avuto modo di gustare a teatro interpretata dai bravissimi Alessandro Haber nel ruolo di Sigmund Freud e Alessio Boni nei panni di un beffardo quanto affascinante Dio.
Il danno era fatto, il libro andava letto. Le coincidenze della vita mi avevano giocato un tiro mancino, proprio come capitato all'autore di questo breve saggio che, durante la visita ad una mostra di maschere a Copenaghen, riallaccia i rapporti con un vecchio amico a lungo ignorato: Ludwig van Beethoven. Il burbero compositore tedesco è stato per l'autore una figura centrale durante la sua adolescenza per poi cadere nel dimenticatoio. Questo incontro in età adulta produrrà una serie di riflessioni che sono confluite tutte nel libro, Schmitt si domanda dove siano finite le emozioni profonde, i moti interiori, la gioia che la musica di Beethoven sapeva ispirargli: cosa è successo a quel ragazzo appassionato? Perché al suo posto vi è ora un uomo reso cinico dalle asperità della vita? Perché Beethoven non viene più ascoltato? Chi, coprendolo di indifferenza, lo ha praticamente ucciso? Questi gli interrogativi che l'autore si pone in quei pochi momenti trascorsi dentro la sala del museo della città scandinava. Interrogativi che richiedono risposte. 
Ritratto di Beethoven di Joseph Karl Stieler (fonte Wikipedia)
Riandando indietro nel passato l'autore ricorda una frase abbastanza esplicativa esclamata dalla sua maestra di pianoforte:"Quando penso che Beethoven è morto mentre tanti cretini ancora vivono" , frase che esprime una visione del mondo piuttosto negativa ma quanto mai veritiera: Beethoven non aveva alcuna ragione per essere felice, era brutto, scorbutico, con un amore infelice alle spalle e ironia della sorte era pure sordo! Eppure la sua musica è un continuo spronare verso la luce, la gioia, la vita! Nelle sue note non si ravvisa nessun tono patetico o di commiserazione. E intanto lui è morto, la sua musica oggi viene ascoltata solo da poche persone, sembra che il mondo intero si sia dimenticato di lui, perché? Perché il mondo è popolato da "cretini", da uomini ciechi alle mille opportunità che la vita può offrire, troppo gretti ed egoisti per vedere cosa succede al di là del proprio naso, al di là dei propri interessi. In definitiva non si ascolta più Beethoven perché non si crede più nell'umanità. E qui secondo Schmitt sta il nocciolo dell'intera questione, se si tornasse ad ascoltare Beethoven, se ci si lasciasse trasportare dalla sua musica, riscopriremmo un mondo in cui si può, e si deve, credere nell'uomo o almeno nella sua versione migliore. Infatti Beethoven non era scontroso e burbero per puro spirito di contraddizione, per creare uno stravagante dualismo tra la propria opera e la sua vita. No, assolutamente no. Beethoven assumeva quell'espressione così accigliata, come ci mostra il suo ritratto più famoso, perché vedeva le potenzialità dell'uomo e al tempo stesso le vedeva tutte sprecate, era misantropo perché avvertiva un'insanabile discrepanza tra ciò che l'uomo può essere e ciò che è. Questa cosa lo faceva imbestialire, lo faceva urlare ma, nella speranza di aprire gli occhi a questa banda di cretini che chiamiamo umanità, componeva musica per risvegliare le coscienze e destarci dal torpore, componeva niente meno che l'Inno alla Gioia!
Autografo del testo dell'Inno alla Gioia di Schiller (fonte Wikipedia)
Ovviamente si potrebbe rivolgere a Schmitt la critica di giocare a lanciare il sasso e poi nascondere la mano, disdegnare gli uomini per poi sbandierare un ipocrita amore per l'umanità
ma l'autore risponde con coerenza, dicendoci che credere nell'umanità al giorno d'oggi è affare per coraggiosi, le delusioni come ci dimostra il caro Ludovico Van sono sempre dietro l'angolo, ma bisogna pur tentare, è necessario non accontentarsi, non lasciarsi sopraffare dalla negatività, ma puntare al miglioramento, godersi la vita senza farsi assoggettare dal tempo, quel caino che scorre impietoso e trascina tutto nell'oblio, il presente, quello che può essere fatto oggi, è la sola cosa che conta. È necessario essere eroi, e si sa che gli eroi sono i solitari per antonomasia eppure è meglio credere nell'umanità, la religione laica che tutti noi dovremmo abbracciare con senso critico e voglia di rimboccarci le maniche anche a costo di fare come Beethoven e scegliere di abbandonare la folla pur di fantasticare su un'umanità più "umana".
"Tutto troppo semplice" tornerebbe ad obiettare il lettore più brontolone ma anche in questo caso Schmitt non si preoccupa, è vero che la sua visione del mondo potrebbe essere etichettata come eccessivamente semplicistica e buonista ma l'autore accetta di correre il rischio.
"Infondo non era lui a essere morto, ma noi. Decesso cerebrale. Coma spirituale. Avevamo ucciso quella fede nell'uomo su cui si fondano le imprese nobili, l'esaltazione volontaria, l'ottimismo eroico. Non so se la signora Vo Than Loc sia sempre fra noi o sia andata a cantare in un coro di angeli, ma ovunque si trovi vorrei con queste righe ringraziarla e soprattutto informarla della buona notizia: «Alla fine, forse, Beethoven non è morto. E dubito che i cretini vivano...»"
Così si chiude la riflessione di Schmitt, con ottimismo e con la speranza che Beethoven non sia morto perché la sua musica può ancora essere riscoperta e ascoltata e con il dubbio che i cretini così egoisticamente chiusi in se stessi possano davvero chiamare vita quel succedersi di giorni sempre uguali e vuoti.
Nell'edizione e/o fa subito seguito il piccolo monologo teatrale "Kiki van Beethoven" che si riallaccia a quanto detto precedentemente, narrando la storia di un'anziana donna che grazie ad una statuetta di Beethoven acquistata per pochi soldi, riscopre la musica del compositore tedesco intraprendendo così un viaggio dentro se stessa e dentro il cuore di un'umanità ormai assopita e sorda al richiamo alla vita che le note del maestro vogliono risvegliare. Riscoprire la musica sarà per Kiki anche un modo per affrontare un dolore per troppo tempo nascosto e taciuto, una riconciliazione con il passato e una piena accettazione della vita nella sua fantastica e allo stesso tempo drammatica interezza.

5 commenti:

  1. Va bene...ho capito. Non aspetterò nemmeno di avere un e-reader, lo leggerò direttamente in pdf ;)
    Chi di titolo ferisce, di recensione perisce...
    "Perché il mondo è popolato da "cretini", da uomini ciechi alle mille opportunità che la vita può offrire, troppo gretti ed egoisti per vedere cosa succede al di là del proprio naso, al di là dei propri interessi" e questa...92 minuti di applausi xD

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    1. Read it, now! L'hai scovato tu e ora ti tocca! :P

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    2. Signorsì...subito subitrerrimo...! ;)

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  2. Non puoi immaginare che voglia di leggerlo mi ha messo questa recensione *_*
    (E per la cronaca, mi sono riconosciuta nel dramma che descrivi nell'intro... povere noi! Anche perché quando *loro* si impongono, non c'è soluzione, devi arrenderti e basta!)

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    1. Grazie, mi fa piacere sentire che la mia recensione invoglia alla lettura. L'ho trovato un libriccino splendido, ne vale la pena e si legge in pochissimo tempo :)
      (I libri a volte sanno essere cattivi e noi siamo delle povere vittime destinate alla resa, c'è poco da fare...)

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